Tipologia Prodotto:
Millefiori, castagno, acacia , rododendro, tiglio montano.
Classe 1981, apicoltore convenzionale, nomade di breve raggio, socio dal 2019.
Mi sono avvicinato al mondo apistico in prima battuta per via degli studi (di perito agrario prima e universitari in agraria poi). A sedici anni, gestisco i primi alveari accompagnato da alcuni apicoltori che mi fanno da mentore. L'associazione territoriale contribuisce a fornire il primo step formativo.
L'esordio avviene per passione e per la necessità di potere sviluppare un allevamento senza la possibilità di possedere terreni di proprietà. Una passione a tutto tondo verso il mondo animale, che ho coltivato con gli studi e che mi ha visto impegnato lavorativamente a tempo parziale come alimentarista da più di quindici anni, per il servizio tecnico specialistico delle Associazioni allevatori nell’ immediato post universitario, nell’Associazionismo apistico locale, Lombardo e nazionale e poi part time per conto di una cooperativa di miglioramento agricolo e zootecnico del bresciano. Questo interesse che si radica negli anni, mi spinge a prendermi cura degli animali e del loro habitat. Amo allevare, al punto che nel mio giardino, col beneplacito di mia moglie, pascolano una decina di pecore, che ogni estate faccio transumare in montagna nei terreni oggi in stato di abbandono, al fine di recuperarli come postazioni apistiche. Credo fermamente che l’uomo abbia un ruolo attivo nel mantenimento dell’equilibrio ambientale. Le api, chiaramente, fanno parte di questo complesso sistema interconnesso. O meglio, le api fanno parte del sistema agricolo nella sua ampia concezione, che garantisce un approccio di biodiversità, di tutela del territorio e di agricoltura a basso impatto, spesso richiamati dai media, ma scarsamente associati alle attività tradizionali, vera panacea per l'ambiente.
La mia attività si svolge in Valtellina, in area strettamente alpina. La particolare conformazione della valle, unica nella sua estensione est-ovest, obbliga al nomadismo non tanto produttivo, ma connesso all'irraggiamento solare. Negli ultimi anni, si è aggiunta la fuga dai pesticidi utilizzati sulle colture intensive, amatoriali e per la lotta antizanzara. Lo scopo è la ricerca di postazioni scevre da avvelenamenti, che essi provengano dalle monocolture, dal vicino con la velleità del giardinaggio spinto o dal Comune che propende per la lotta antizanzare. Al netto di questa fatica e di questo conflitto, che è anche sicuramente una rinuncia, ho cercato di stare più in ascolto delle tradizioni di territorio, sapienti nell'offrire soluzioni connesse alla conoscenza precipua degli habitat, coniugandole alle visioni, se possibile, più aggiornate.
antenere lo sguardo connesso alla realtà di appartenenza è essenziale, perché le ricette che funzionano per qualcuno, possono essere zoppicanti per altri. Ogni scelta in apicoltura, come del resto in qualsiasi campo che attiene il vivente, è una scelta di campo. Mai decontestualizzare. In tutto questo, i familiari, al netto dei loro rispettivi impegni lavorativi, forniscono supporto ed aiuto. In montagna, agricoltura e allevamento tradizionale sono sempre state attività complementari. L’asperità del territorio porta queste memorie recondite e la gente, che desidera farne tesoro consapevole, le mantiene vive ed attive, nonostante l'opera omologante dei tempi.
Trecento famiglie di cui cento sono nuclei da rimonta utilizzati all’occorrenza anche per la produzione. Allevo autonomamente le mie regine, rifornendomi annualmente di genetica migliorata ed adattata all’ ambiente alpino. Questo è il mio numero ottimale testato negli anni in areale esclusivamente alpino, adatto per un lavoro concepito nel supporto della dimensione familiare, ma comunque capace di autosostenersi negli investimenti e reggere agli scossoni degli anni con basso impatto produttivo.
Millefiori, castagno, acacia mediamente ogni tre anni, rododendro transumando a 1800 metri su terreni di famiglia, tiglio montano anche se c'è una certa "invasione" delle zone un tempo più lussureggianti (etimologicamente Valtellina starebbe per "valle dei tigli", Tilia, latino). Purtroppo le tempeste degli ultimi anni e il degrado boschivo hanno impattato sulla qualità delle foreste, sostanzialmente abbandonate da mano d'uomo e l'assenza di bosco pascolato, contrariamente alla vicina Svizzera, determina un impoverimento generale del sottobosco. In disallineamento rispetto a certe correnti di pensiero, "Selvatico" non sempre corrisponde a miglioramento qualitativo o preservazione degli ambienti naturali. L'azione e l’opera buona dell'uomo, che cura e dunque preserva i territori, con attività tradizionali, tecniche agricole a basso impatto e silvo pastorali, sono anello immancabile di un ecosistema equilibrato.
Non raccolgo null’altro: non c’è tempo nella breve stagione estiva alpina.
Come riferivo precedentemente, la mia apicoltura Valtellinese è sostanzialmente di nomadismo a corto raggio, non solo per esigenze produttive, ma soprattutto per tutelare il benessere delle api stesse.
Il viatico è avvenuto per mezzo della militanza in Apilombardia e UNAAPI, contatti con la Professionisti e il ruolo fondante avuto da Francesco Panella nell'indirizzarmi verso una realtà di cui apprezzo storia, spirito e senso attuale. Doverosamente cito Pagani, Guido, Federici, Lucchelli, Bonizzoni e Lazzati, che a loro volta hanno contribuito a questo apprezzato avvicinamento.
È un lavoro che mi permette di applicare i miei studi e mi connette con la complessità (della lettura dei segnali, delle stagioni, dei microclimi, delle soluzioni etc) cui mantengo un ruolo che definirei di osservatore attivo: l'istanza di controllo esasperato e onnipresente di questa società, scema miseramente di fronte a un universo che si muove nonostante tu ti opponga o si ferma nonostante tu ti agiti ostinatamente per scuoterlo. Devi conosce a tue spese l'umiltà dei limiti delle tue intenzioni delle tue azioni. Devi conoscere l’adattamento e il senso della rinuncia. Devi accettare a tue spese il peso della tenacia e della perseveranza. Tutto ciò, il senso del dovere per intenderci, in controtendenza con i modelli che promuovo il flusso mai sazio dell’appagamento a tutti i costi, è umanamente impagabile e restituisce senso di pienezza. Una pienezza che si rivolve nell’immaginarsi piccolo tassello di un sistema, la Natura, che si muove e si muoverà nonostante me, ma cui posso offrire un contributo di senso. Come in un alveare